di Alberto Bollis-

Banzato: «Sulla siderurgia rischi di tempesta perfetta»

L’INTERVISTA 21 feb 2022
Un’immagine interna del laminatoio di Odolo del gruppo Acciaierie VeneteAlessandro Banzato, leader del gruppo Acciaierie Venete e di Federacciai Un’immagine interna del laminatoio di Odolo del gruppo Acciaierie VeneteAlessandro Banzato, leader del gruppo Acciaierie Venete e di Federacciai

La folle corsa dei prezzi dell’energia è l’incognita che più preoccupa Alessandro Banzato, a capo di una grande azienda siderurgica con forti interessi bresciani come Acciaierie Venete e presidente in carica di Federacciai, l’associazione di categoria. Come se ne viene fuori? Be’, mica elementare. «C’è un limite - spiega Banzato - oltre il quale non si regge più». In questo quadro spunta il ruolo a lungo termine del Pnrr, strumento «che potrebbe aiutare le imprese a gestire la transizione energetica e che dovrebbe gettare le basi per un piano strutturale per la formazione dei prezzi dell’energia e per la produzione da fonti rinnovabili».

Presidente Banzato, qual è l’attuale situazione generale di mercato nel settore dell’acciaio?

Il mercato va bene. Nel 2021 abbiamo recuperato quando si era perso per la pandemia nel 2020 e i primi mesi dell’anno in corso si mantengono su volumi significativi, nonostante che a partire dall’ottobre scorso vi sia stata una esplosione dei costi delle energie che stanno generando incertezze e tensioni.

Quali le prospettive a breve (2022 e 2023) per il settore?

Se si stabilizza il quadro geopolitico e se rientrano a livelli accettabili i costi delle energie, alle prospettive già buone dovrebbero aggiungersi gli effetti indiretti del Pnrr e quindi degli investimenti a esso associati. Se la situazione dei costi delle energie dovesse invece proseguire sui livelli che abbiamo visto negli ultimi mesi, le prospettive possono capovolgersi, fino a vanificare la ripresa.

La sua azienda come va?

Per quanto riguarda Acciaierie Venete, che si concentra sugli acciai lunghi di qualità, conviviamo con le incertezze del mercato dell’auto, che però nelle ultime settimane mostra concreti segni di ripresa, mentre beneficiamo di una domanda molto sostenuta per quanto riguarda gli altri settori di utilizzo, come i veicoli pesanti e commerciale, la meccanica, il movimento terra, le macchine agricole e l’energia.

Come affrontate i problemi generati dall'esplosione del costo dell'energia? E di quello delle materie prime?

Nonostante un portafoglio ordini consistente, siamo costretti a fermare quando il costo dell’energia supera certi livelli che pregiudicano l’equilibrio economico. Quando verso la tarda mattinata riceviamo i costi dell’energia previsti per il giorno successivo, allora decidiamo di programmare fermate di una o due ore in corrispondenza dei picchi. Se per quanto riguarda le materie prime siamo abituati a forti oscillazioni di mercato e a periodiche criticità anche in termini di approvvigionamento, una situazione come quella che siamo vivendo per i costi delle energie non invece ha precedenti, soprattutto per quanto riguarda la velocità e l’entità degli aumenti negli ultimi mesi.

Una situazione critica, dunque: c’è un punto di rottura?

Fino a oggi, in presenza di una domanda forte, siamo riusciti a gestire l’equilibrio degli aumenti fra un aumento dei prezzi di vendita e una inevitabile riduzione della marginalità. Ma se la situazione dovesse peggiorare, esistono dei limiti oltre ai quali la filiera non sarebbe in grado di reggere. Gestire aziende come le nostre, ricorrendo al giorno per giorno, non è un modo corretto di lavorare. Ma è l’unico che ci consente di rimanere ora sul mercato.

Vi preoccupa l'andamento delle dinamiche inflattive?

Certo. Gli aumenti a monte scendono a valle per la filiera e generano movimenti inflattivi che si ripercuotono sui consumatori finali di qualsiasi bene di consumo legato direttamente o indirettamente all’acciaio. In termini economico-finanziari, inoltre, l’inflazione porta prima o poi a inevitabili conseguenze concrete sul costo del denaro, frenando gli investimenti. Per lavorazioni come le nostre, inoltre, si determinerebbero gravi criticità anche per il finanziamento del capitale circolante che, dato il rincaro delle materie prime, è su valori molto elevati.

Un quadro pesante.

Sarebbe la tempesta perfetta e vanificherebbe gli sforzi che istituzioni, imprese, cittadini hanno fatto e stanno facendo per favorire la ripresa.

La sua è un’azienda che sta crescendo: ci sono in vista azioni espansive e di acquisizione?

Le Acciaierie Venete hanno iniziato un percorso di crescita e progressiva specializzazione verso gli acciai speciali lunghi verso la fine degli anni ’80. Questo percorso ha avuto una tappa fondamentale nel 2003 con l’acquisizione degli stabilimenti di Sarezzo e Mura, in provincia di Brescia, e di Dolcè, in provincia di Verona. La crescita è proseguita per linee interne, investendo su impianti e prodotti, e ancora per linee esterne nel 2018 con l’acquisizione degli impianti ex Leali di Odolo, sempre nel Bresciano, e di Borgo Valsugana, in provincia di Trento. Nel nostro settore non ti puoi fermare e quindi proseguiremo la crescita, sia investendo ancora sugli impianti esistenti che, se si presenteranno opportunità, facendo ulteriori acquisizioni per ampliare la gamma dei nostri prodotti rafforzando il nostro core business. Ma le criticità recenti sui costi dell’energia e le necessità date dalla transizione ecologica ed energetica ci stanno portando a guardare con grande attenzione pure a eventuali investimenti nell’ambito delle energie da fonti rinnovabili.

Lei è un veneto che ha interessi e stabilimenti (anche) in Lombardia, in particolare nel Bresciano: quali differenze – di mentalità, di approccio imprenditoriale, amministrative, politiche, sindacali, e così via – vede tra le due regioni?

La ringrazio per la domanda perché mi permette innanzitutto di valorizzare la nostra presenza nella provincia di Brescia, che ormai ha raggiunto dimensioni ragguardevoli con una occupazione complessiva di oltre 600 persone, una produzione di acciaio a Sarezzo di circa 660 mila tonnellate all’anno e la trasformazione in laminati di 770 mila tonnellate all’anno fra Sarezzo, Mura e Odolo. Per quanto riguarda le caratteristiche delle due regioni, Veneto e Lombardia, devo dire che sono vicine non solo geograficamente, ma anche in termini di cultura industriale e del lavoro. La voglia di fare e il saper fare sono molto simili. Anche dal punto di vista amministrativo, politico e sindacale le assonanze sono tante, ma si possono sintetizzare in una sola parola: pragmatismo.

Formazione e reclutamento personale qualificato: quali le esigenze e le richieste della sua azienda al mondo degli Its e dell’università? C’è anche da voi difficoltà nel trovare giovani preparati da assumere?

Per il nostro futuro, pensando anche agli andamenti demografici del nostro Paese, questa è una delle sfide più importanti e decisive. Il capitale umano ha per noi un valore fondamentale e imprescindibile e lo dimostra anche il fatto che nel nostro settore i contratti a tempo indeterminato rappresentano mediamente il 98% dei rapporti di lavoro in essere. La progressiva digitalizzazione dei processi e i temi della sostenibilità richiedono nuovi modi di lavorare, nuove competenze e nuove professionalità. Il tema della formazione scolastica rappresenta una sfida che potremo vincere se il mondo della formazione e quello delle imprese saranno in grado di allineare i programmi educativi ai bisogni reali delle aziende che evolvono molto rapidamente.

Infrastrutture (viarie, ferroviarie, digitali): parliamo di territorio bresciano. Dove sono le carenze? Dove e come si potrebbe intervenire per migliorare la situazione?

Le carenze sono note da tempo e i progetti sono tanti. Forse, grazie al Pnrr, riusciremo finalmente a vedere realizzati due grandi progetti che languono da anni: l’autostrada della Val Trompia e la Tav. La prima è un’opera fondamentale per un distretto produttivo molto importante come quello della Val Trompia e che rappresenta un asset strategico anche per il nostro principale stabilimento bresciano, che è a Sarezzo. Poi, considerando che sono un padovano che ha stabilimenti e uffici il Lombardia e Veneto, ma anche in Trentino e Friuli, è ovvio che la Tav, oltre a essere attesa e desiderata da tempo, assume anche un valore altamente simbolico. Le grandi opere non ci devono però fare dimenticare le necessità di interventi più contenuti e soprattutto per quanto riguarda i collegamenti da e per le valli ad alta intensità industriale.

Complessivamente, anche collegandomi alle ultime domande, crede che l'apporto teoricamente garantito dei fondi del Pnrr possano davvero rappresentare un'opportunità?

Per chi? Abbiamo già parlato degli effetti indiretti del Pnrr, investimenti in infrastrutture vogliono dire lavoro e acciaio, tanto acciaio. Meno rilevante sembra essere invece il contributo che verrà dato ai processi di decarbonizzazione soprattutto per settori, come la siderurgia, che sono per forza di cose Hard to Abate. La spinta verso l’idrogeno è importante per stare al passo con le dinamiche degli altri Paesi europei, ma avrà eventuali applicazioni intensive in siderurgia solo nel lungo periodo. Servono pertanto strumenti che aiutino le imprese a gestire il transitorio e che incrocino anche l’attualissimo tema della transizione energetica.

Il governo si sta muovendo bene? E le Regioni? E le amministrazioni locali? E crede che il suo settore e la sua attività ne potrà trarre qualche vantaggio?

Su questo auspichiamo che il governo, le istituzioni europee ma anche le Regioni e le altre amministrazioni locali siano in grado di concertare con le imprese un piano energetico a lungo termine che sia dia risposte strutturali sia alla tematica della formazione dei prezzi dell’energia che alla crescita della produzione da fonti rinnovabili valorizzando il gas come fonte in grado di accompagnare la transizione. Insomma, meno approcci ideologici e abbondante esercizio di sano pragmatismo.•.

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